Il pianto del neonato: cosa vuole dirci?

Il pianto del neonato: cosa vuole dirci?

Il neonato non sa parlare e per questo il pianto del neonato diventa una vera e propria forma di comunicazione. Con le lacrime il bambino comunica ai genitori che ha fame, è stanco, ha caldo o freddo, si sente solo o vuole essere cambiato. Per questo, meno male che il bambino piange, anche se l’impossibilità di capire il significato del pianto del neonato mette spesso in crisi i neogenitori.

Cosa vuole il bambino quando piange?

Nella maggior parte dei casi il pianto del neonato esprime specifici bisogni fisiologici. Piangendo il bambino comunica di avere fame, sete, essere sporco, desiderare il contatto con i genitori e rispondere adeguatamente alla sua richiesta fa immediatamente sparire le lacrime e comparire un bel sorriso sul volto del bebè.

Capire il motivo per cui il bambino piange significa mettersi nei suo panni e il bambino ascoltato è un bambino che cresce con la consapevolezza che i genitori sono attenti alle sue necessità. Da quando nasce il bambino impara subito che mamma e papà accorrono al suo piangere e questo aumenta la fiducia in se stesso e nella sua capacità di interagire con il mondo esterno, per quanto possa essere piccolo.

L’istinto dei genitori e l’interpretazione del pianto del neonato

Non sempre è facile capire cosa vuole il bambino piangendo, ma reagire istintivamente ai suoi segnali fa parte delle doti innate di ogni genitore. L’importante è non avere paura di sbagliare e far sentire al bambino che si è presenti. Altre volte il pianto prolungato dei figli può diventare insopportabile e se la stanchezza si fa sentire le madri possono chiedere aiuto al padre o a un’amica per ricaricare le energie.

In ogni caso il consiglio è quello di non isolarsi e accettare l’aiuto degli altri, almeno fino a quando non si avrà imparato a gestire il pianto del bambino. Non saper interpretare le richieste del neonato e non riuscire a calmarlo non significa essere cattivi genitori. Poi, c’è una buona notizia: secondo gli studiosi nei primi mesi di vita la frequenza dei pianti diminuisce ogni mese del 3%, mentre aumenta il contenuto informativo degli strilli.

In altre parole, dopo i primi mesi di vita il bambino esprime i desideri anche con strilli, sorrisi, smorfie o con il lallare e il pianto diventa l’unico e solo segno di turbamento o mancanza. La frequenza e la durata del pianto cambia da bambino a bambino: ci sono quelli che piangono molto poco e altri che piangono anche per tre ore di fila e più volte al giorno. L’unico compito del bravo genitore è quello di stare accanto al bebè e soddisfare di volta in volta le sue esigenze.

Cambio del pannolino: cosa fare se il bimbo piange

Molto spesso i bambini piangono al cambio del pannolino, ma si tratta solo di una fase transitoria che si può gestire con alcuni consigli. Misskappa "il pannolino che respira" suggerisce di trasmettere una sensazione di sicurezza al bambino durante il cambio del pannolino posizionandolo su guanciali o sul cuscino da allattamento o, ancora, nel fasciatoio.

Se poi potrà guardarsi allo specchio o giocare con una giostrina avrà ben pochi motivi per piangere, ancora meno se la mamma gioca con lui, lo solletica e canta canzoni. In questo caso il cambio del pannolino diventa un momento di scambio coccole e il bambino impara rapidamente ad amare il fasciatoio.

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